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"L'ambasciata di Cambogia" di Zadie Smith





Chi si aspetterebbe l'Ambasciata di Cambogia?
Nessuno. 
Nessuno poteva aspettarsela, nessuno se l'aspettava. 
E' una sorpresa, per tutti noi.
L'Ambasciata di Cambogia!





Avanti e indietro,
rasentando orizzontalmente quel muro,
sfreccia un volano.

Giocano a badminton,
nell'Ambasciata di Cambogia.
Poc, smash.
Poc, smash.

L'unico vero indizio che l'ambasciata sia davvero un'ambasciata è la piccola targa di ottone sulla porta (con la scritta: AMBASCIATA DI CAMBOGIA) e la bandiera nazionale della Cambogia (noi presumiamo che lo sia: cos'altro potrebbe essere?) che sventola sul tetto di tegole rosse.




Ho letto questo libro due volte. 
Sul treno per andare al lavoro e su quello del ritorno.

Le voci narranti sono tante e si accavallano in un unico flusso di pensieri, delimitato solo dal punteggio della partita a badminton
Poc, smash.

La vita di Fatou.
Ragazza alla pari (o schiava?) di una famiglia agiata (la nazionalità è difficile da capire ma parlano una lingua che Fatou non comprende e professano una religione diversa dalla sua) che vive nella periferia ovest di Londra. 
Nera, nerissima in quel quartieri di bianchi, arabi ed asiatici.
Originaria della Costa d'Avorio ma portata dal padre in Ghana per lavorare come cameriera. Da lì uno spostamento in Libia e un viaggio verso l'Italia. Estremamente costoso.

La storia di Fatou assomiglia a una di quelle che la cronaca ci propone sempre più di frequente. Una giovane ragazza, istruita e a modo, messa su un barcone dalla propria famiglia, in cerca di un futuro migliore.

Fatou non si sente una schiava, anche se non viene pagata per il suo lavoro e il suo passaporto è sparito il giorno del suo arrivo in città. Ama nuotare ed approfitta dei buoni per una piscina vicino a casa, per potersi librare libera e veloce in quell'elemento caldo e pulito che silenzia il mondo e la fa pensare.
Ha anche un amico, con il quale partecipa alla messa domenicale e prende il caffè parlando della loro terra, l'Africa, della guerra e dei genocidi, soprattutto quelli dimenticati, che coinvolgono i popoli africani.

L'ambasciata di Cambogia, le partite a badminton di cui si vede solo la pallina e la misteriosa donna con fattezze orientali che suona alla porta dell'edificio, carica di sacchetti, creano una grande curiosità in Fatou. Sembra che la sua vita si focalizzi su ragionamenti ed ipotesi che nulla hanno a che fare con la sua vita quotidiana, fatta di silenzi, ordini e insulti.

Arriva però la svolta.
Fatou salva la bambina di casa dal soffocamento.
La famiglia sprofonda in uno stato a metà tra la vergogna di doverle esser riconoscente e il risentimento. 
E la licenzia.


Forse è questa la strada verso la libertà?


Poc, smash.
Poc, smash.
Poc.






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