Questo libro mi ha trovata per caso.
Come sapete ho lasciato a metà la biografia di Emmeline Pankhurst, madre delle suffragette inglesi, di cui è uscito recentemente il film, perchè troppo lenta e pesante per questo periodo pieno di cose da fare.
Spulciando qua e là ho incontrato Caitlin Moran che mi ha incuriosita con il suo libro nella versione inglese "How to be a Woman" in quella italiana "Ci vogliono le palle per essere una Donna" (non commento la scelta).
Avevo paura di imbattermi in un'altra (odiosa) Lena Dunham ma fortunatamente non è stato così. So che molte persone hanno amato il suo libro "Non sono quel tipo di ragazza" ma io l'ho davvero odiato. Non mi capacito del successo avuto e della necessità di raccontare una storia così squallida.
Ma lasciamo perdere Lena se no vi tengo qui dieci anni a sproloquiare.
Ma lasciamo perdere Lena se no vi tengo qui dieci anni a sproloquiare.
Adoro Caitlin. La sua ironia e leggerezza nel trattare temi difficili e problemi quotidiani di ogni donna. Mette nero su bianco le situazioni più banali rendendole davvero esilaranti. A volte calca un po' la mano, lo ammetto, ma è davvero spassosa.
Leggere questo libro è come trovarsi ad un tavolo di sole donne, in una di quelle serate cibo+vino+chiacchieresenzafiltro che tutte adoriamo. Caitlin è l'amica dalla chiacchiera arguta e senza peli sulla lingua che trascina la conversazione con ironia, intelligenza e quel pizzico di malizia che rende tutto più divertente.
Il libro parte dalla biografia dell'autrice, l'infanzia da ragazzina grassa e bulleggiata che cresce ignara di molte cose del mondo nel protetto e morbido microcosmo di una numerosa (e grassa) famiglia di Brighton. La ragazzina in questione cresce, si rapporta con i problemi quotidiani che ogni donna deve affrontare e si chiede come poter diventare una donna, nonostante i chili in più, gli insulti e i difetti.
Prima dei 18 anni
1. Dimagrire [sic]
2. Vestirmi bene
3. Avere degli amici [sic]
4. Addestrare bene il cane
5. Farmi i buchi alle orecchie?
Oh mio Dio, proprio non ho idea di come fare.
Non ho la più pallida idea di come riuscirò a diventare una donna.
Il primo lavoro in una rivista musicale è una lotta quotidiana contro i pregiudizi e i commenti dei colleghi. Caitlin sviluppa una sua teoria su quei giorni, una visione più ampia del concetto di discriminazione sessuale legata non all'essere donna in sè, ma ad un retaggio culturale millenario che alcuni uomini portano dentro e alimentano con scelte puramente sessiste.
La maggior parte della discriminazione sessuale è imputabile a uomini abituati a considerarci sconfitte.
Ecco dove sta il problema:
abbiamo una cattiva reputazione perchè gli uomini sono abituati a vederci arrivare seconde o a essere squalificate.
Per i maschietti nati prima del femminismo, queste sono le fondamenta della loro educazione: madri che erano cittadine di seconda classe, sorelle che dovevano essere maritate, compagne di banco che dovevano scegliere la scuola per segretarie e poi diventare casalinghe, donne che scomparivano di scena e smettevano di impegnarsi.
Adesso questi stessi uomini sono gli amministratori delegati delle multinazionali, i grandi nomi del mercato azionario, i consulenti governativi. Questi signori che impongono i ritmi del lavoro, la durata del congedo per maternità, le priorità economiche e i costumi sociali non sono stati cresciuti con il costume dell'uguaglianza: la discriminazione sessuale è parte integrante del loro background, insieme con la passione per il pudding, le sculacciate e il golf.
In automatico vedono le donne come qualcosa di "altro"; i pregiudizi che hanno nei confronti di quelle emancipate che lavorano moriranno soltanto con loro, non prima.
Perfino quegli uomini nati nel periodo del postfemminismo, cresciuti tra manuali e manifestazioni di piazza, che ogni mattina venivano lasciati a casa con qualcuno perchè le madri dovevano andare in ufficio, per quanto vogliano credere nella teorica eguaglianza delle donne (che rispettano profondamente) non sono abbastanza consapevoli dello strumento storico che li ha preceduti.
Dentro di loro c'è una vocina mai del tutto soffocata che insinua:
"Qual'è la prova che le donne siano uguali agli uomini?"
E il problema è che questa vocina non parla soltanto agli uomini, ma anche alle donne.
"Qual'è la prova che le donne siano uguali agli uomini?"
E il problema è che questa vocina non parla soltanto agli uomini, ma anche alle donne.
Molto spesso mi sono ritrovata nei pensieri e nelle parole di Caitlin. La sua visione è a tratti stramba, come il suo vissuto di giornalista e conduttrice tv, ma anche molto lineare e semplice. Non si costruisce castelli in aria, è pratica, diretta, schietta. E io adoro tutto questo.
Non nasconde gli errori ma impara da essi, si confronta con il mondo e trae spunti da ogni evento.
La sua visione del femminismo è allargata a tutti. Uomini, donne, omosessuali. Non è necessario essere donna per essere femminista. Il femminismo secondo la Moran va oltre le grandi cause, è da ricercare nel quotidiano, nelle piccole cose di ogni giorno che miglioreranno la vita di ogni donna e renderanno consapevoli mariti, compagni e amici vari, delle potenzialità e innumerevoli capacità riunite in un unico meraviglioso essere: moglie, amica, amante, donna, compagna, sorella, madre o qualunque ruolo essa ricopra. Talentuosa ma non fessa, quindi, cari uomini, è ora di dividersi i compiti a metà. Tutti i compiti ;)
Sono convinta che per le donne sia giunta l'ora di applicare alle finestre rotte della loro vita una politica di tolleranza zero:
vorrei tolleranza zero su tutte le "Stronzate di stampo patriarcale".
Ecco la cosa fantastica di una politica di tolleranza zero applicata alle "stronzate patriarcali": nel XXI secolo non abbiamo bisogno di organizzare cortei contro le modelle taglia 36, una pornografia ridicola, i locali di lap dance e il Botox.
Non dobbiamo andare sulle barricate o fare gli scioperi della fame, non dobbiamo gettarci sotto cavalli in corsa (come fece la suffragetta Emily Davison nel 1913).
Dobbiamo guardare in faccia queste realtà per un minuto e iniziare a ridere a crepapelle;
quando ridiamo siamo bellissime e alla gente piace vederci fare grasse risate.
Godetevela! :)
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