Strano a dirsi, ma i ricordi nitidi che aveva di Julius si limitavano al giorno del loro primo incontro e a quella mattina, l'ultima, prima che lui prendesse il treno delle otto e trentadue per Londra, mentre di ciò che c'era stato nel mezzo aveva scarsa memoria.
La scrittura di Elizabeth Jane Howard è è sempre una certezza. I personaggi e le ambientazioni di questo romanzo sono magnifici. Ogni capitolo è dedicato ad una voce diversa, come nei Cazalet. I protagonisti sono profondi, sfaccettati, caratterizzati in maniera minuziosa. Li vediamo passare davanti ai nostri occhi come in un film. Esme, Emma, Cressy, Dan, Felix e Julius, ovviamente. Ho amato ogni dettaglio di questa casa di bambole, quel che non mi ha soddisfatta completamente è la conclusione estremamente affrettata. Il tempo in questa narrazione è molto relativo. Tutto si svolge in pochi giorni, il tempo di un fine settimana in campagna, ma si ha la percezione di un tempo quasi infinito, sembrano anni, non ore, quelle che portano al completo rovesciamento delle vite dei protagonisti. Si parte lentamente, con delle premesse ben precise e altrettante aspettative, lentamente i fatti e sentimenti vanno aggrovigliandosi e mutando, in un battibaleno ci si trova in una nuova realtà e all'ultima pagina del romanzo. Queste pagine mi han lasciato una strana sensazione di mancanza. Una conclusione così affrettata e precaria, fatta di inizi, di cui non sapremo mai nulla.
Il personaggio preferito? Le donne raccontate in questo libro. Una madre e due figlie talmente diverse da non poterne scegliere una delle tre.
Gli uomini? Sono quelli che hanno affrettato un finale che poteva essere diverso e quindi mi rimangono moltissimi dubbi su di loro.
L'autrice è una maestra della narrazione, con una grande capacità di guardare oltre la superficie e leggere nei cuori dei protagonisti.
Un'altra piccola meraviglia che purtroppo mi ha lasciato qualche dubbio sul finale.
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