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"più donne che uomini" di Ivy Compton Burnett






E' stato molto faticoso superare le cento pagine di questo libro. Un interminabile flusso di dialoghi, spesso privi di grandi contenuti, si trascinano fino ad un immaginario giro di boa dove l'azione subentra. La calma piatta che caratterizza la quotidianità e le relazioni nella vita di Josephine viene stravolta dall'arrivo di una vecchia amica e dalle implicazioni sentimentali che porta con sè questa donna riemersa dal passato. Sarà però un tragico incidente, a dare il via al collasso di un intero sistema basato su imponenti pilastri di bugie, ipocrisie e falsi sentimenti. La protagonista è l'emblema di questa capacità di manipolare la realtà e le persone grazie ad un'apparente totale dedizione all'altro. Una donna di carattere, intelligente e calcolatrice, nascosta dietro ad un'apparenza dimessa che fa di lei il cigno in mezzo ad un pollaio di chioccianti galline. La si odia e la si ammira, a volte genera compassione ma subito dopo il sentimento muta, al mutare di quelle maschere che pian piano cadono. L'idea alla base del romanzo è geniale. Il burattinaio si svela pian piano, pagina dopo pagina, fino ad arrivare alle ultime mirabili battute. Quello che rende questa lettura pesante è l'impatto iniziale con questo stile pieno, costituito principalmente di dialoghi fitti e spesso ingarbugliati. I sottesi sono infiniti e solo con la pratica di questo mondo immaginato, ci si impratichisce dei modi delle relazioni.
Una lettura da affrontare con tutta calma, certi che dopo il primo scoglio, si aprirà un irriverente, cinico, intrigante e drammatico spaccato dell'Inghilterra dei primi del '900.







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