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"Le otto montagne" di Paolo Cognetti





Mio padre aveva il suo modo di andare in montagna.
Poco incline alla meditazione, tutto caparbietà e spavalderia.
Saliva senza dosare le forze, sempre in gara con qualcuno o qualcosa, e dove il sentiero gli pareva lungo tagliava per la linea di massima pendenza. Con lui era vietato fermarsi, vietato lamentarsi per la fame o la fatica o il freddo, ma si poteva cantare una bella canzone, specie sotto il temporale o la nebbia fitta. E lanciare ululati buttandosi giù per i nevai.
Mia madre, che l'aveva conosciuto da ragazzo, diceva che lui non aspettava nessuno nemmeno allora, tutto preso a inseguire chiunque vedesse più in alto: perciò occorreva avere buona gamba per rendersi desiderabili ai suoi occhi, e ridendo lasciava intendere di averlo conquistato così. Lei più tardi alle corse cominciò a preferire sedersi nei prati, o immergere i piedi in un torrente, o riconoscere i nomi delle erbe e dei fiori. Anche in vetta le piaceva soprattutto osservare le cime lontane, pensare a quelle della sua giovinezza e ricordare quando c'era stata e con chi, mentre mio padre a quel punto veniva invaso da una specie di delusione, e voleva soltanto tornarsene a casa.
Credo fossero reazioni opposte alla stessa nostalgia.


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Questo è un libro che si svela piano piano, come la montagna e la vita tra valli e cime. I protagonisti sono pochi ma fortemente caratterizzati. Gli eventi si susseguono lenti, come le stagioni ma travolgono come slavine. Questa è una storia di famiglia e amicizie che durano una vita, nonostante la distanza, la diversità e le scelte, a volte azzardate, altre totalmente sbagliate, altre ancora idealmente perfette.

Pensavo mi rimanesse dentro più a lungo ma non si è sedimentato nel mio cuore, nonostante io l'abbia apprezzato e amato, sopratutto per il modo in cui la montagna, quella vera, emerge in tutta la sue multiforme bellezza. Le descrizioni della natura, delle case e dei rituali mi ha riportata alla mia infanzia, alle vacanze sulle Dolomiti con la mia famiglia e poi alla casa rifugio, raggiungibile in poche orette, sulle Orobie bergamasche, che ci accoglie ogni volta come un nido tra prati e panorami spettacolari.

Il libro scorre piacevole ma intenso, si piange, si sorride e ci si piega all'ineluttabile destino delle cose.

Un'ode alla montagna, alla sua gente, ai legami che riesce a creare e alla vita tra cime e picchi.








Commenti

  1. Ma sai che io ancora devo leggerlo?? Mi ricordo che quando è uscito lavoravo ancora in libreria e conoscevo già Cognetti per la bellissima raccolta di racconti che aveva pubblicato con Minimum fax... poi l'ho puntato e comprato già qualche mese fa, ma al momento l'ho prestato quindi aspetterò ancora un pò :-)

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